PediaExpress Dr. Sandro Paoletti Pediatra

Morbillo

morbillo nei bambini

Il morbillo è una malattia infettiva acuta, caratterizzata da un’eruzione cutanea, provocata da un virus a RNA appartenente al genere Morbillivirus della famiglia Paramyxoviridae. Esiste un unico sierotipo e l’uomo rappresenta l’unico ospite naturale. La patologia è diffusa in tutto il mondo e, prima dell’introduzione del vaccino negli anni ’60, si verificavano epidemie ogni 2-3 anni, con una mortalità annua di circa 2,6 milioni di persone, soprattutto bambini. L’avvio di programmi vaccinali di massa ha drasticamente ridotto l’incidenza, ma la malattia rimane ancora oggi un problema sanitario globale: nel 2022 si sono registrati circa 136.200 decessi, per lo più in Paesi poveri.

Il virus del morbillo è estremamente contagioso. Si stima che circa il 90% delle persone non immuni, se esposte, sviluppi la malattia. Il contagio avviene attraverso le secrezioni respiratorie e le goccioline emesse con tosse e starnuti. Il virus può sopravvivere nell’ambiente fino a due ore. Una persona infetta può trasmettere l’infezione da quattro giorni prima a quattro giorni dopo la comparsa dell’esantema. Nei Paesi a clima temperato i casi sono più frequenti a fine inverno e inizio primavera. Dopo un’incubazione di 7-18 giorni (in media 10-12), compaiono sintomi simili a un’infezione respiratoria: febbre alta, tosse, rinite, congiuntivite, malessere generale. Successivamente, tra il secondo e il quarto giorno, compare l’eruzione cutanea tipica: inizia da volto e collo, poi si diffonde a tutto il corpo, durando da tre a sette giorni. La febbre può persistere per alcuni giorni dopo la comparsa dell’esantema, mentre la tosse può protrarsi anche per 10 giorni. Una caratteristica utile alla diagnosi sono le macchie di Koplik, piccole lesioni biancastre sulla mucosa orale, presenti nel 60-70% dei casi. Sono frequenti anche mal di gola, fotofobia, cefalea e ingrossamento linfonodale.

La diagnosi clinica è spesso evidente, ma in fasi di bassa incidenza può essere necessario ricorrere ad analisi di laboratorio.

Il decorso del morbillo è generalmente benigno, con guarigione in 2-3 settimane, ma in circa il 30% dei casi possono verificarsi complicazioni, più frequenti in bambini piccoli, adulti, donne in gravidanza e soggetti immunodepressi. Le complicanze più gravi comprendono polmonite, encefalite acuta e otite media. L’encefalite può lasciare danni neurologici permanenti in un quinto dei casi. Nei Paesi in via di sviluppo, la malattia è spesso aggravata da carenze nutrizionali, in particolare di vitamina A, aumentando il rischio di cecità. Una rara ma temibile complicanza tardiva è la panencefalite subacuta sclerosante, che compare anni dopo l’infezione e provoca deterioramento progressivo delle funzioni cognitive e motorie. La mortalità complessiva varia dallo 0,05-0,1% nei Paesi industrializzati fino al 6% in quelli più poveri.

Non esiste una cura antivirale specifica. Il trattamento è sintomatico: antipiretici per la febbre, idratazione e terapie mirate alle eventuali complicazioni (ad esempio antibiotici per sovrainfezioni batteriche). L’OMS raccomanda la somministrazione di vitamina A nei bambini affetti, poiché riduce rischio di cecità e mortalità. In Italia, invece, non è indicata di routine nei pazienti ben nutriti.

La prevenzione è affidata al vaccino vivo attenuato, disponibile singolarmente o in forma combinata (MPR e MPRV). Due dosi garantiscono una protezione superiore al 90%. In Italia vengono somministrate a 12 mesi e a 5 anni di età. La vaccinazione è controindicata in caso di gravi allergie ai componenti, in soggetti immunodepressi e nelle donne in gravidanza. In caso di esposizione, la vaccinazione entro 72 ore può fungere da profilassi post-esposizione; in alternativa, si possono utilizzare immunoglobuline nei soggetti a rischio che non possono essere vaccinati.

In conclusione, il morbillo, sebbene spesso percepito come una malattia “banale dell’infanzia”, rimane una patologia potenzialmente grave e letale. La vaccinazione rappresenta l’arma più efficace per prevenirlo e ridurne l’impatto, non solo a livello individuale ma soprattutto collettivo, grazie all’immunità di gregge.